Seguici
17 Dicembre 2019
Show live e non, cartoni animati, puntate e contributi esclusivi su serie o programmi televisivi, influencer che fanno gaming o recensiscono gli ultimi giochi e prodotti tecnologici. YouTube è un bacino talmente ampio da poter attrarre qualsiasi tipo di utente che abbia meno di 18 anni. Soprattutto se, ai contenuti citati poco fa, si aggiungono le funzioni di condivisione o commento e l’estrema intuitività della user experience a livello mobile.
Al di là della considerazione per cui su YouTube si trovano anche contributi educativi, la nostra analisi si muove da un’equazione canonica per qualsiasi ecosistema online: “Dove c’è contenuto, c’è anche fruizione dello stesso. Dove c’è fruizione, c’è un passaggio (in varie forme) dei dati dell’utente a chi controlla la piattaforma”. Se questo paradigma è rilevante per l’esperienza di ogni comune utente online, vale ancor più se il soggetto in questione è un minore.
E YouTube dovrebbe conoscere questo aspetto in maniera davvero approfondita. Basta pensare alla multa che ha ricevuto negli USA dall’Authority FCC, pari a 170 milioni di dollari. Insomma, non una cifra a cui si può rimanere indifferenti. E altrettanto si può dire delle motivazioni alla base della sentenza: YouTube non adotta misure adeguate per tutelare i minori dai contenuti inadatti alla loro età e, come se non bastasse, ne tratta illecitamente i dati. Per avere una maggior percezione del fenomeno, si consideri che l’80% dei ragazzi americani tra i 6 e i 12 anni guarda quotidianamente un video su YouTube (secondo il 2017 kid & family trends report di Brandlove).
Svincolandoci dal panorama USA, è interessante valutare queste vicende rispetto al GDPR e alle relative norme in merito al trattamento dei dati personali dei minori d’età. L’articolo 8, in primis, fa esplicito riferimento al trattamento basato sul consenso a cui sono vincolati i “servizi della società dell’informazione” (voce che comprende YouTube e competitor). Ergo, è necessario il consenso genitoriale, se si fa riferimento a utenti under14.
Quindi, seguendo alla lettera la norma, sembrerebbe sufficiente un banner che affermi il consenso genitoriale anche solo tramite un click; esattamente come accade ora per molti siti online che annoverano contenuti per ragazzi. La normativa statunitense (Children’s Online Privacy Protection Act) scende invece più nello specifico: il Titolare del trattamento di dati dei minori, per raccoglierli, deve avere un “verifiable parental control”. Qualcosa in più di un banner, per capirci.
E YouTube come si comporta attualmente? Ebbene, secondo il disclaimer che appariva fino a qualche giorno fa, non sembra che la piattaforma abbia seguito pedissequamente le norme enunciate qualche riga sopra. Accedendo al sito, l’utente si autocertificava come maggiorenne (o minorenne emancipato, possessore del consenso genitoriale e in regola con i Termini del servizio). Prendendo come base l’articolo 2 del GDPR (e analoghi del codice statunitense), YouTube dovrebbe però avere un’informativa ben diversa, semplice e in grado di essere compresa anche da un minore. Se non fosse che questa sezione del GDPR sia applicabile solo ai siti diretti ai minori.
Qui sta (in parte) la difesa di YouTube. Non esistendo una chiara indicazione giuridica su cosa sia un sito diretto ai minori per il GDPR, YouTube si dichiara non dedicato ai bambini. Tuttavia, si possono esprimere alcune rapide confutazioni. In primo luogo, una chiave di ricerca come “children’s video” restituisce circa 250 milioni di risultati su YouTube. Poi, secondo il report The Kids (2017), i ragazzi sono di gran lunga il pubblico che porta più profitto alla piattaforma. Infine, dato che YouTube afferma di effettuare milioni di trattamenti di dati per ogni visitatore e che gran parte del pubblico è minore, YouTube dovrebbe sottostare alla normativa che protegge proprio i minori.
Ecco perché è stata lanciata la piattaforma YouTube Kids, su misura per un pubblico tra i 6 e i 14 anni. Il nuovo portale (con app Android e iOS), rispettando le norme per il trattamento dei dati dei minori, consente così a YouTube di creare un campione perfetto di soli minori. Dati che si prestano a usi per scopi di targeting e profilazione, per il fatto che su YouTube Kids gli utenti sono quasi certamente minori. Un interrogativo sorge spontaneo: Google saprà resistere alla tentazione di sfruttare i loro dati per operazioni borderline o al di fuori delle normative vigenti?
Luca De Marchi, Senior Digital Copywriter
17 Ottobre 2022
29 Marzo 2022
10 Febbraio 2022
5 Agosto 2020